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L'uomo ha sempre avuto una costante volontà di lasciare un segno ai suoi avi, o semplicemente gli è sempre piaciuto narrare e raccontare cose più o meno vere.
Oppure solo piccole vicende, tramandate di bocca in bocca, crescono, fino al punto di dar vita a feste e sagre paesane, vere e proprie feste popolari e "della gente" che vuole, o semplicemente ha bisogno, di credere in vicende sacre (o profane che siano).
E proprio la Sardegna farà da sfondo ad una di queste rievocazioni particolarmente amate dalla gente, e che facile sia che rimanga nel cuore di chi capiti là per caso o meno in quel periodo.
Ci troviamo infatti a Sedilo, un piccolo paese con non più di 3000 anime, al confine tra la province di Oristano e quella di Cagliari.

Ci troviamo dunque a 288 metri di quota, al margine delle pendici del Marghine e le sponde del fiumo Tirso.
Siamo ora pronti ad assistere alla festa, pagana e religiosa che si appoggia alla chiesa di San Costantino, riconosciuta dal Vescovo di Alghero e Bosa monsignor Giovanni Pes, nel 1987, come Santuario Diocesano.
Cio è tramandato appunto di bocca in bocca, e la leggenda ormai arcinota, dice che prima di iniziare gli scontri con i nemici, a Costantino apparve in cielo una brillante croce con su la scritta "In Hoc Signo Vinces" (con questo segno vincerai).
Nel seguente anno, Costantino il Grande, emanò e decise che la religione cristiana poteva essere vissuta liberamente.
Ora qui la gente non viene per chiedere un miracolo, ma viene perché si sente in dovere di rispettare una promessa fatta per ringraziare una grazia ricevuta.
I preparativi sono meticolosi e lunghi.
Soprattutto nella preparazione dei cavalli, che correranno in una sorta di pista, i cui margini saranno delimitati da gente vociante e stridente, prese in custodia da i "fucilieri", che con cartucce caricate a salve, terranno a bada le bestie lanciate al galoppo.
Ciò impedirà che in un brullo pendio che porta al tempio, la gente venga travolta, perché non protetta da transenne.Dovrebbe essere il parroco a dare il via, ma visto che i cavalli percepiscono la tensione dei cavalieri, la corsa finisce sempre col partire al momento più imprevedibile.I cento cavalieri fanno fatica a tenere a bada le bestie, che lanciate tra la folla, vengono tenute a distanza solo dai fucilieri.

 
 

 

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